lunedì 13 ottobre 2008

le parole sono finestre o muri? dipende da come le usi.

almeno so che nessuno mi deruberà mentre uso il bancomat: nel mio conto ci saranno sì e no sei euro e ventiquattro centesimi.

secondariamente, consiglio a tutti il seguente libro: "Le parole sono finestre (oppure muri)" di Marshall B. Rosenberg. già dai primi capitoli infonde molta fiducia in se stessi e voglia di rivedere le proprie prospettive.
aiuta soprattutto quando si sta andando in ufficio a stressarsi.
ad ogni modo, per invogliarvi...
la comunicazione violenta, cioè priva di empatia, deriva da alcuni fattori:
- dal giudizio moralistico, che tutti siamo portati ad esprimere su qualsiasi cosa e su chiunque, per come è fatto l'essere umano;
- dal fare continuamente paragoni;
- dal confondere osservazione e valutazione (spesso sosteniamo di aver descritto un fatto accaduto, ma in realtà ne stiamo dando una personale valutazione; e per molti non è facile capire che lo stanno facendo);
- dal negare le proprie responsabilità, ad esempio con frasi come "mi fai sentire male!" (tua responsabilità emotiva) o "sto facendo questa cosa perchè devo" (anzichè: "scelgo di fare ciò perchè non voglio perdere il posto di lavoro");
- dall'avanzare pretese al posto di richieste.

Come si giunge a una comunicazione empatica che implichi uno scambio profondo con l'altro?
Rosenberg consiglia un processo in quattro fasi:
1. osservare i fatti e descriverli
2. dire apertamente quali sono i nostri sentimenti riguardo ai fatti in esame
3. capire quali bisogni sono legati a quei sentimenti
4. formulare richieste precise relative a tali bisogni.

ad esempio, non "mi fai sentire male quando non vuoi mai stare insieme a me ma preferisci i tuoi amici", ma "quando mi telefoni e dici che preferisci uscire con gli amici piuttosto che con me, io mi sento triste e abbandonata, mentre avrei bisogno di sentirti più presente e più entusiasta; potresti dimostrarmi più spesso i tuoi sentimenti?".

ma quanto è costruttivo tutto ciò??

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