sabato 27 novembre 2010

Ogni tanto guscio

Io a volte penso di non farcela. A fare cose semplici e banali che per altri sono quasi sempre piacevoli, persino.
A me sembra a volte di avere voglia solo di chiudermi nel guscio che ho abbandonato un po' di tempo fa forzatamente per esplorare il mondo come si conviene a una persona della mia età. Quel guscio che normalmente si abbandona in modo naturale crescendo e che io ho conservato troppo tempo oltre il tempo limite e la cui ombra adesso mi segue quasi ovunque, dovunque io vada sola.
Pur avendo un carattere che ama l'indipendenza, io spesso ho paura di fare le cose da sola. E invece di farle scappo e mi rimetto nel guscio come se potesse essere una giustificazione.
Non potrò fare così a lungo, sarebbe tempo di crescere eppure io sono già grande e cresciuta, solo a metà e non per intero.

mercoledì 10 novembre 2010

Volevo solo dire...

...che oggi ho fatto del mio meglio.
Ne sono fiera.
Non so se ho fatto tutto per bene, ma ci ho provato.

giovedì 4 novembre 2010

Fuori dal bozzolo

Provare, buttarsi.
Semplice per chi non è un ex maniaco del controllo totale, della tabellizzazione di qualsiasi elemento della vita - anche di quelli non collocabili in combinazioni di righe e colonne, dell'analisi della situazione in un nanosecondo per non essere mai impreparati.

Invece, da quello che capisco, il mondo funziona così, e così come non posso dirlo: se qualcuno, passando per caso, leggesse e spifferasse, chissà che percentuale di quello che volevo dire io arriverebbe ai destinatari dello spiffero!

Sta di fatto che non si può più fare la bimba impaurita che si rintana nell'angolino, bisogna sbocciare in una professionista con i controcoglioni, e qui si apre il dibattito: ma io, i controcoglioni, li ho?

Ho sempre detto - e pensato - di sì. Ma li confondevo con la mia capacità dialettica di piegare l'altro qualora fosse anche solo leggermente meno dialetticamente capace di me. Questa è, appunto, capacità dialettica di livello medio(cre).

Si tratta di intelligenza? Nemmeno, perchè quella ce l'hanno più persone di quanto non s'immagini, sebbene la maggior parte di esse nasconda i momenti intelligenti con quelli, ben più numerosi, in cui si lascia prendere da pulsioni emotive che ottundono (adoro questo verbo) lo slancio.

Una volta ritenevo non intelligente chi non sapeva scrivere perfettamente. Oggi so che era una cazzata da bozzolo. Cos'è una cazzata da bozzolo? È una di quelle idiozie, o anche solo convizioni, se vogliamo eliminare la connotazione negativa, che si hanno quando si vive la propria vita con i sensi ovattati dal bozzolo protettivo che si è costruito intorno a sè. E quindi, quando ne esci, sei stupito che esistano altre persone che conoscono quella parola, che amano quel cantante, che conoscono quel modo di dire; sei quasi stupito che altre persone esistano, e basta; ti stupisci di cose banalissime perchè le credevi appartenenti solo al tuo mondo, invece il mondo è di tutti.

Quindi, uscita dal bozzolo, dicevo: ehi, ma guarda, anche questo qui che non sa scrivere, che mette la virgola tra soggetto e predicato, tra predicato e complemento oggetto, che se dico "diatesi" dice "eh?", anche questo qui fa ragionamenti più intelligenti dei miei, e soprattutto sa stare al mondo meglio di me, e soprattutto lavora meglio di me.

Uscita dal bozzolo solo poco tempo fa, mi stupisco di così tante cose che mi appare tutto nuovo. Non è stupore da meraviglia, eh. È stupore da presunzione.

Tirare fuori le palle e ricacciare la presunzione, è il prossimo compito per casa.

domenica 31 ottobre 2010

Normalità

Mi serviva. Normale stanchezza, normale routine, normale susseguirsi emozionale tra ansia da ritardo in ufficio, ansia da cazziatone del capo, eccitazione da ritorno a casa e gioia di sedersi finalmente sul divano, cucinare un piatto di pasta, guardare insieme il telegiornale.

Cose normali, eccezionali perchè nuove.

Imparo molto, persino ad alzare un po' la testa, quando serve. Sto tarando la quantità di tensione emotiva necessaria per non esplodere e per non sembrare troppo blanda, allo stesso tempo.

venerdì 15 ottobre 2010

Writing is living, to me

STO SCRIVENDO. E MI PAGANO PER FARLO.
Neanche nei miei sogni più rosei...

L'azienda è bella, ha il coraggio di dare fiducia ai giovani. Il lavoro è bellissimo. E dire che l'ho trovato quando avevo quasi perso ogni speranza.

Ogni tanto ho il segreto desiderio di abbracciare i miei capi gridando "grazie, grazie!"

mercoledì 13 ottobre 2010

Semel in anno licet insanire

A volte fare una domanda, piuttosto che sforzarsi di sapere già la risposta, è liberatorio.
Non è sano comportarsi come se si sapesse già tutto e si fosse perfetti; è sempre meglio, e quando non è meglio è meno complicata, la sincerità di quello che si è, nel bene e nel male.
Mostrare entusiasmo e impegno, ma non finta - per forza - perfezione.

Sto cercando di dimostrare quanto mi piace il mio nuovo lavoro.

mercoledì 29 settembre 2010

Là sotto, da qualche parte

Ho dimenticato quasi tutte le parole delle canzoni dei Lacuna Coil.
E anche di altre.
Ma di "Nymphetamine Fix" non riesco a dimenticare un solo secondo.
Come quando ricordo alcuni fatti e mi prende il vuoto di stomaco, come se fossero successi 10 secondi fa.

Sono passati anni.

Sarebbe ora di tumulare il tutto. Ma non so uccidere, nemmeno metaforicamente.

sabato 25 settembre 2010

Welcome to my new life

Tutto è diverso, ora.
Ogni volta che questo blog ha cambiato aspetto, era perchè qualcosa cambiava fuori o dentro di me. Più spesso dentro.

Il blog, per me, è sempre stato una psicoterapia: parlavo, parlavo, parlavo e (a volte) capivo. Senza interlocutore, ma non importava, perchè mi bastava leggermi.

Ma il blog, per me, è sempre stato il cesso in cui vomitare dolore e sangue.

Anche in questo caso, mi basta leggermi per confermare quanto ho appena scritto. Basta sfogliare l'elenco delle categorie, nella colonna sinistra. Una gran depressione, pensandoci bene.

Al momento non ho dolore da riversare.
Ho sempre temuto che, essendo felice, avrei perso la profondità, l'acutezza, la sensibilità.

Invece non è stato così: sono solo più leggera.
Ho finalmente un lavoro che adoro, mi alzo la mattina volentieri, ho sempre intorno quel pazzerello del mio fidanzato aspirante calciatore.
Fumo una sigaretta al giorno e ho di nuovo voglia di scrivere.

lunedì 7 giugno 2010

Crollo dalle fondamenta e ricostruzione

Un tempo, scrivevo per esigenze di catarsi. E lo scrivere funzionava. Trovavo sempre il tempo per farlo e desideravo farlo.

Al momento non ho tempo, non ne trovo, non ho voglia di scrivere ciò che mi accade. Perchè, poi, sarà sempre qui, da leggere e ricordare. Come se non potessi più scrollarmi di dosso certe sensazioni e come se, scrivendole, diventassero eterne e concrete, materiali, come di legno o di vetro, ad esempio.

Un certo tipo di professione si è rivelata, per me, come la kryptonite per Superman.
In inglese si direbbe "simple as it is": non mi piace. Non ci sono motivazioni nascoste, psicoragioni che devo scoprire. Non-mi-piace; questo l'ho scoperto col tempo, ma ora lo so per certo. Ma non solo, e qui entrano in gioco gli psicodrammi.
Non solo non-mi-piace, e lo so benissimo anche senza darmi il tempo di crescere, provare, imparare; non solo, ma anche: mi crea delle reazioni emotive negativissime, come ansia perenne e panico, infelicità, costante sguardo al domani e alle attività sgradite che dovrò fare per molto, molto tempo, con conseguente mancato godimento dell'oggi e digressione nel futuro malato del mondo del lavoro, nel progressivo aumento della mia età inversamente proporzionale all'entusiasmo dei datori di lavoro che mi assumerebbero senza esperienza, and so on.

Un conto è voler sfidare se stessi e i propri limiti. Un conto è torturarsi ogni giorno, per dimostrare a se stessi che si è stati capaci di sfidare i propri limiti.
Non so dove sia il confine e non so a che punto di questo continuum io mi trovi al momento.

So per certo che torturarmi in questo modo mi ha inaridita, spenta, mi ha fatto mettere in dubbio me stessa, le mie conquiste, i miei meriti, le mie capacità, le mie certezze - persino quella, basilare, di essere una brava e valida persona: perchè una brava e valida persona svolge seriamente il proprio lavoro, qualsiasi esso sia e a qualsiasi livello di gradimento appartenga; una brava e valida persona ha senso del dovere e forza per non piangersi addosso, dunque supera brillantemente anche i momenti peggiori.

Fare ogni giorno qualcosa che non solo non-ti-piace, ma che odi, è quanto di più dannoso una persona possa fare contro se stessa.

Nessuno dovrebbe punirsi in questo modo.

mercoledì 26 maggio 2010

Imbavagliatemi

Se esiste qualcuno che mi legge, promuovo un'iniziativa. Iscriviamoci a gruppi Facebook, tweetiamo su Twitter, ma scriviamo anche un bel post sul blog contro il bavaglio!

Ecco il mio, postato su Facebook in versione tagliata per brevità imposta:

Il bavaglio: uno specchio per le allodole di chi grida alla privacy del privato cittadino, in realtà un bieco tentativo di agenda setting. Questa è la mia opinione di cittadina di uno stato la cui costituzione recita "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure".

martedì 25 maggio 2010

Un giorno riderò

Fumo
per non pensare
all'aria che devo respirare.
Mentre dormo
mi gratto via le gambe
per grattare via il dolore.
Non amo e non gioisco.
Mi punisco.
Per non essere riuscita
a controllare ciò che mi accadeva.
Per non aver determinato il mio presente.
Per aver lasciato gli eventi
liberi di correre e giocare.
Per non aver mai creduto di potere.
Per aver sempre voluto tanto, troppo.
Un giorno riderò di tutto questo.

mercoledì 5 maggio 2010

Come fabbricare da sè il proprio pelo sullo stomaco

Devo prendere qualche minuto di pausa dalla mia nuova attività lavorativa che inaspettatamente mi stimola. Devo prenderlo perchè la mia attività ti porta a contatto con la più varia umanità e quindi, quasi automaticamente, con alcuni elementi non gradevoli.
Ma l'educazione, dico?
Detto ciò.
La professione che ho appena intrapreso porta chiunque a veder crescere, nel proprio stomaco, una bella e folta peluria, il che è decisamente ciò che serve a me che, invece, mi nasconderei dietro a un dito per qualsiasi cosa.
Eh, l'ansioso patologico fa così. Evita.
Io, invece, devo imparare a non evitare, perchè sto alimentando una certa insana creatività nell'architettare complessissimi e rocamboleschi piani alternativi, pur di non affrontare ciò che c'è dritto davanti a me.
Quindi ho deciso, sfruttando la scia di cambiamenti in corso nella mia vita, di incanalare tale creatività diversamente.
Ho acquistato un manuale di scrittura creativa e ne sto svolgendo gli esercizi, passo passo.
Vediamo un po' cosa posso imparare, vediamo un po' cosa ne esce fuori.

lunedì 19 aprile 2010

Classy or not classy

Leggo, entrambe le volte per caso, due interviste a cantanti del panorama italiano.

La prima, in ordine di tempo, è a Nina Zilli su "Sorrisi e Canzoni TV".
La seconda è a Malika Ayane su "Panorama", qualche giorno dopo.

Già leggendo l'intervista a Nina Zilli mi era montata un po' di rabbia.
La suddetta, con un tono di voce che emergeva persino dalla pagina stampata, si mostrava schifata dal paragone con Giusy Ferreri. Riassumo in breve con parole mie:
"ehi, io mi sono fatta dieci anni di culo nei localini a suonare fino a tarda notte della roba seria di cantanti seri, non come quella cassiera di supermercato che va a Ics-Factor ed è subito famosa. Oh, io ho fatto la gavetta, eh? Che non mi si confonda con quelli che escono dai talent show. Io ho studiato, la mia musica non è paragonabile".

Ripeto, questo è il mio riassunto. Potrei anche aver interpretato male le parole della Zilli, mi dico sul momento.

Poi leggo l'intervista a Malika Ayane su "Panorama". Riassumo, sempre con parole mie.
"Sento di dover dimostrare tanto perchè, per il primo disco, la scusa che si può usare è quella dell'inesperienza; nel caso del secondo disco, secondo tour, seconda partecipazione a Sanremo bisogna dimostrare di meritare la scena. Ancora non riesco a credere a questo successo: avrei anche continuato a suonare per quaranta persone alla volta con paghe da fame, lavorando di giorno come segretaria che poi, diciamolo, non è il lavoro più antipatico che esista".

Ora: giochiamo a "trova la differenza"?

Nina, scendi dal pero. Hai senz'altro una bella voce, una formazione blues e soul, referenti musicali validissimi e storicamente importanti. Ma la tua canzone sanremese è ruffiana esattamente come la prima Giusy Ferreri che, con il secondo album, ha messo del suo e ha deciso di mostrare la propria arte. Esperimento che non si è dimostrato proprio una schifezza.
Nina, tu sarai anche tecnicamente preparatissima, ma ti manca completamente l'umiltà e la gratitudine per ciò che fai!

martedì 30 marzo 2010

elezioni regionali: catastrofe

Sono un'elettrice di centro-destra. Non amo la politica al punto di esserne esperta.
I risultati delle elezioni regionali, però, parlano da sè.

La gente si è stancata di Silvio. Molta gente si è stancata di Silvio. Ma che la Lega spopoli, non è una vittoria per nessuno.

D'altro canto, con tutta questa gente che pur si è stancata di Silvio, il centro-sinistra non è in grado - ormai da anni - di offrire una valida alternativa, al punto che non vince neanche nel clima della più totale esasperazione ma, anzi, perde terreno.

Inspiegabile è, poi, il fatto che prima di queste elezioni la maggior parte dei governi delle regioni fossero rossi, mentre alle politiche vinse Berlusconi con un'ecatombe dell'opposizione.

venerdì 26 marzo 2010

Boh

Io dovrei circondarmi di gente normale e invece sono circondata da gente ricca.
Io non sono ricca, ma normale, e nella vita come ogni persona normale ho dovuto fare delle scelte e rinunciare a tante cose. Questo i ricchi non devono farlo, possono permettersi tante scelte diverse.
Io dovrei cambiare aria per non sentirmi costantemente una merda che ha sbagliato tutto.
Non sono la prima persona che si sente soffocare a Bologna.

giovedì 25 marzo 2010

Loooser

Ecco svelato il segreto.

Ho sempre avuto l'atteggiamento di una sfigata perdente e sarò sempre una sfigata perdente, con le sue profezie che si autoavverano.

Sono una perdente che si commisera, che non vede la luce ma solo il buio, sono preoccupata e mi butto infinitamente giù come una perdente. E questo atteggiamento da perdente, che è quello che poi sono, mi porterà solo sempre più giù.

Sono una sfigata senza molte possibilità economiche (quindi non ho fatto l'Erasmus o esperienze all'estero e non posso permettermi di trasferirmi anche settimana corta a Milano o Roma), senza contatti ai piani alti che mi aiutino nella mia ricerca (quindi sono frustrata), senza genitori ricchi che conoscono questo e quell'altro (quindi sono sola nella mia battaglia).

Sono troppo vecchia per essere inserita in un'azienda come prima esperienza nel settore, essendomi laureata troppo tardi perchè sono una gran perdente.

Professionalmente ho un profilo che rientra nella più totale mediocrità, delle competenze che molti giudicano completamente inutili (e del resto mi mancano le competenze più richieste nel mondo del lavoro. Potrei fare dei corsi, sì, ma costano troppo e non posso permettermeli) e non vedo per quale motivo dovrei emergere rispetto ad altri che si sono laureati prima, hanno fatto l'Erasmus, hanno fatto la tesi all'estero, hanno fatto stage su stage, hanno amici imprenditori che li prendono a lavorare.

Il mondo del lavoro non mi vuole e io saprò che la mia famiglia ha speso soldi e fatto sacrifici perchè io finisca a fare un lavoro che, con tutto il rispetto possibile, può fare anche una persona che non ha una laurea e un master da diecimila euro.

Più passa il tempo e più l'angoscia mi porta giù, quotidianamente, continuamente, perchè poi avrò 28 anni e poi 29 e poi 30 e i venticinquenni neolaureati avranno le chance che io non ho avuto, perchè - cogliona - invece di sbrigarmi ho pensato di godermi il periodo dell'università e mi sono permessa di andare in crisi.

Le tempistiche, nella mia vita, fanno cagare.

giovedì 18 marzo 2010

Invidia.

Capisco tante cose, adesso. Meglio tardi che mai.
Un altro bel tassello che messo a posto nella costruzione del desolante ritratto di ciò che sono.
Io che mi credevo speciale, intelligente, brillante e diversa dagli altri.
Ecco perchè sono un animale da solitudine, io: mi è sgradevole il confronto.
Non parlo del confronto verbale. Parlo del confronto tra ciò che ho concluso nella vita io, rispetto ad altri, o tra ciò che ho avuto io, rispetto ad altri.
 
Mi avvalgo di Wikipedia per spiegarmi meglio.
L'invidia è un sentimento nei confronti di un'altra persona o gruppo di persone che possiedono qualcosa (concretamente o metaforicamente) che l'invidioso non possiede (o che gli manca).
E fin qui tutto lineare.
Essa si caratterizza come desiderio ambivalente: di possedere ciò che gli altri possiedono, oppure che gli altri perdano quello che possiedono. L'enfasi è, quindi, sul confronto della propria situazione con quella delle persone invidiate, e non sul valore intrinseco dell'oggetto posseduto da tali persone.
Quando mi prende un attacco di invidia, non desidero mai che altri perdano ciò che hanno, nè sento il bisogno di sminuirli o disprezzarli. Il desiderio è quello di possedere anch'io qualcosa. Che cosa e perchè? Lo spiega il resto della pagina wiki.
Si può considerare l'invidia come il peccato "opposto" alla superbia: mentre la superbia consiste in un'eccessiva considerazione di sé, l'invidia è caratterizzata da una bassa autostima e da una esagerata valutazione degli ostacoli e delle difficoltà. Spesso, infatti, il soggetto invidioso possiede delle buone qualità che possono anche essere riconosciute, ma non le considera sufficienti e si ritiene un incapace.
L'invidia può avere radici molto profonde nella personalità di un soggetto. Può essere stata causata da una mancanza di affetto in passato, da un'eccessiva competitività o da desideri che sono stati frustrati. Essendo le cause così rilevanti, spesso è difficile per un soggetto riuscire a risolvere il proprio problema.
Alla base dell'invidia c'è, generalmente, la disistima e l'incapacità di vedere le cose e gli altri prescindendo da sé stessi: in questo senso, si può affermare che l'invidioso è generalmente frustrato, ossessivo, manipolatore, con pochi scrupoli e talvolta ipocrita.
Sul "frustrato, ossessivo, manipolatore, con pochi scrupoli e talvolta ipocrita" mi trovo costretta a dissentire e smentire; io mi pongo anche troppi scrupoli e sono una pessima manipolatrice.
 
In sostanza, seppur sicura di rientrare in questa categoria, credo di essere un'invidiosa "incompleta". Non bramo il fallimento altrui, nè agisco in alcun modo per sottrarre benefici o creare problemi. La mia reazione è bruciare totalmente, annientarmi nella mia indivia silenziosa ("Il silenzio dell'invidioso fa troppo rumore", Khalil Gibran). La mia reazione è nascondermi sotto le coperte, con la porta chiusa, io e nessun altro che mi ricordi il mio scarso valore. Nel mio regno delle coperte, io sono la regina.

martedì 9 marzo 2010

Neve

E nevica ancora. Metafora dell'inverno lungo che non finisce mai. Il mio inverno non finisce mai!
Sono sempre alla ricerca dell'equilibrio e credevo di averlo trovato, invece pare che io dia l'impressione di non avere le palle quadrate che ho dimostrato in altre occasioni.
Ho scambiato il rispetto per deferenza e non sono stata ferma e chiara sin dall'inizio, così ora, se provo ad esserlo, mi si vede agitata.
Abituo troppo bene chiunque!

domenica 7 marzo 2010

Comunicazione non comunicativa 2

L'altro giorno criticavo la leggerezza con cui alcuni professionisti della comunicazione trascurano la carica promozionale che il proprio sito web potrebbe avere, se solo fosse più studiato e curato.

Oggi - non potevo farne a meno - voglio occuparmi di un tipo diverso di comunicazione, partendo da una lettera che mi è arrivata venerdì. Questa lettera mi esorta a scegliere un particolare candidato alle elezioni regionali.

Su questa lettera, dal punto di vista della forma, ho alcuni appunti.

Inizia così (cito testualmente, con attenzione a punteggiatura e maiuscole):
Cara Vale
mi permetto di scriverti questa lettera per richiamare l'importanza del prossimo appuntamento elettorale. Come probabilmente saprai, il 28 e 29 marzo, si rinnova il Consiglio e la Presidenza della Regione.

Osservazioni:
- "Cara Vale" richiederebbe una virgola, prima di andare a capo. Mi rendo conto che queste lettere sono stampate in blocco, ma aggiungere una virgola non mi pare gran fatica.
- questo non è un errore, ma io non avrei utilizzato il verbo "richiamare" nel senso di "ricordare".
- La punteggiatura! So più o meno dalle elementari che non si mette virgola tra soggetto e predicato, a meno di non inserire delle coordinate incidentali - degli incisi - e allora, a quel punto, la virgola non separa soggetto e predicato ma principale e coordinata. Benissimo la virgola dopo "saprai", malissimo la virgola dopo "marzo".
- "si rinnova": il Consiglio si rinnova da solo? E siccome parliamo di Consiglio e Presidenza, non dovrebbero rinnovarsi al plurale, al limite? Comunque due imprecisioni: la forma e il genere. Un bel "si vota (per indicare un'indeterminata moltitudine di elettori) per rinnovare" sarebbe stato più efficace e semplice! La semplicità è così sottovalutata, identificata con povertà d'idee! Ma NOOO, non lo è!

Andiamo avanti:

[...] L'altro motivo è che desidero sottoporre alla tua attenzione la candidatura, quale Consigliere Regionale, di Pinco Pallino, persona che gode della mia personale Stima e Fiducia e che credo possa ben operare in Regione.

Osservazioni:
- Pesantezza! "la candidatura, quale Consigliere Regionale, di Pinco Pallino". Siccome odio i "quale" al posto dei "come", avrei semplicemente scritto "la candidatura di Pinco Pallino a Consigliere Regionale", senza troppe pause o virgole. Ammetto, però, di non conoscere bene il linguaggio tecnico politico, quindi forse "candidarsi a" un ruolo potrebbe non essere la formula più giusta.
- "Stima e Fiducia" sono due tue amiche? Insomma: o sono personificate, o non ha alcun senso usare la maiuscola per sottolineare due valori, in questo contesto. Non stiamo parlando in astratto di valori dell'interiorità umana, ma stai cercando di convincermi a riporre stima e fiducia in un candidato.
Bene, invece, la maiuscola per "Regione": stiamo parlando di un ente.

E ancora:
Mi sento di garantire la serietà e l'impegno di Pinco Pallino all'interno delle Istituzioni. Nonostante la giovane età, ha già ricoperto rilevanti ruoli [...] ispirando la propria azione politica alla difesa di Valori fondamentali come la Sacralità della Vita, l'Identità Nazionale e la Sicurezza.

Osservazioni:
- Ancora con queste maiuscole usate a sproposito. Valori, Sacralità, Vita, Identità, Nazionale, Sicurezza, sono nomi comuni utilizzati nella loro natura di nomi comuni. Le maiuscole non servono a evidenziare un termine, le maiuscole hanno altre funzioni! Lo dice anche l'Accademia della Crusca. Possibile che la persona che ha nel partito il compito di redigere queste lettere non sappia usare un grassetto?

Per finire:
Proprio per la Fiducia che nutro verso Pinco Pallino ti chiedo, non solo di esprimere la tua preferenza, [...] ma altresì di promuovere tra i tuoi amici e conoscenti, la sua candidatura, affinchè i nostri Valori possano essere ben rappresentati in Regione.

Osservazioni:
- Sulle Maiuscole Ho Già Detto Abbastanza.
- Virgola: dopo "ti chiedo" non ha assolutamente utilità. Ha un efficace effetto infastidente, anzi. Esattamente come dopo "conoscenti".

Qual è la mia osservazione finale?
Io parlo da profana. Formata per notare alcune sottigliezze, ma profana, perchè fuori allenamento da tempo. Forse solo io e pochi altri ignoreremo questa lettera a causa degli errori che contiene, ma senz'altro emerge una riflessione.
I candidati alle elezioni, ritengo, devono trovare professionisti che lavorino per loro. Le elezioni non sono affare da poco, non è il torneo di biliardino della baracchina dei gelati. Se io, profana, noto inesattezze ed errori, significa che questi sono evidenti.
Possibile che, per questioni importanti come l'elezione regionale, ci si affidi a persone che sanno l'italiano solo in apparenza?
Ammetto che le scelte lessicali e la costruzione della lettera sono buone, e diamo il beneficio del dubbio che ciò che ho criticato siano refusi. Si possono lasciare refusi in lettere all'elettorato?

Concludo con "mah".

martedì 2 marzo 2010

Comunicazione non comunicativa

Sto facendo un giretto tra i siti web delle agenzie di pubblicità e di comunicazione bolognesi.
Il risultato è un paradosso: accanto a siti ben concepiti, chiari e d'effetto, vedo siti poco curati, oppure troppo carichi di colori ed effetti speciali, oppure poveri di informazioni e poco intuitivi, per non parlare di alcuni siti davvero brutti che ho incontrato e di alcuni intollerabili errori di ortografia e sintassi.
 
Se la presentazione risulta tirata via, come potrò immaginare che sia il lavoro dei professionisti che questa rappresenta?
Sappiamo che, quando si tratta di immagine aziendale, non si può ricorrere al banale "l'abito non fa il monaco". Così come un responsabile dell'ufficio personale giudicherà malamente un errore di ortografia nel mio curriculum, anche se tale errore sarebbe da imputare soltanto a uno sfortunatissimo momento di distrazione, allo stesso modo mi sembra inammissibile che chi fa la professione di comunicatore nel 2010 lasci che un'immagine web comprometta le possibilità di essere contattato.
 
Io non contatterei mai alcune agenzie di cui ho visitato il sito. Avrei timore di trovare professionisti così così.

venerdì 26 febbraio 2010

Due destini

"She was the one to hold me the night the sky fell down"... Avevo 18 anni, ero convinta che sarei rimasta tutta la vita con la persona di cui mi ero perdutamente innamorata e con cui sono stata tre anni e mezzo, che non esistesse vita senza di lui nè senza la mia giovane speranza che tutto sarebbe andato bene, perchè la vita era una merda, comunque, e dovevo ancora capire che vale sempre la pena viverla.

Quando riguardo quei momenti nella mia testa, sono intenerita e triste.
Quant'è bella giovinezza, che si fugge tuttavia!

Sono poi arrivati il primo lavoro, la mia forza di volontà nel finire - e bene - l'università che stavo per abbandonare, un'altra e diversa storia d'amore folle che ti lascia le cicatrici e ti fa scrivere senza punteggiatura e ti rivolta lo stomaco quando pensi a come nel vuoto tutto sia caduto e a come da qualche parte nell'atmosfera una traccia di tutti quei baci e quel sudore e quei respiri bocca a bocca debba ancora esserci per quanto lui possa negarlo e lei possa goderne.
Nessuno può strapparti i ricordi e i respiri dal cuore.
Passi lunghi mesi ad ascoltare un ragazzo davvero sexy affermare gorgheggiando che "what goes around comes around" e speri che sia vero, perchè chi la fa l'aspetti.
Passi l'inferno che hai fatto passare all'altro ma non ti sembra comunque giusto.
Time is ticking and we can't go back, my oh my...

Riguardando questi momenti, mi rendo conto che questo è stato il passaggio, la fine della mia adolescenza, per entrare nell'età adulta dove tutto è posato, ponderato, responsabile, adulto, chiunque è pieno di aspettative di adultità e tu devi farti la lavatrice, la cena, le pulizie da sola, in sostanza.

Dopo per me c'era solo lo schifo il buio la morte le spade che mi trafiggevano e di nuovo la scrittura senza punti nè virgole, ma sempre con gli accenti e gli apostrofi al loro posto.
Tra virgole, punti e pensieri un lago di cioccolato nel quale mi sono buttata senza pensarci un momento, una dimensione parallela dove il tempo scorre più in fretta perchè tre mesi appaiono tre anni, dove pensavo di essere di nuovo bimba ma anche selvaggia e splendida, distrutto e prosciugato da un raggio di sole che mi ha abbagliata.

Ripensando a quel raggio di sole ho ancora paura.

Just have a little patience...

Oggi sto arredando casa.
La donna che arreda casa sua non è più la ragazza che cantava, nè la ragazza che sospirava, nè la ragazza abbagliata e selvaggia.
Mi spiace che il mio destino possa godere di una versione così noiosa e de-emozionata di me, ma quel raggio abbagliante, quelle spade trafiggenti e la fine del primo amore mi hanno reso cinica e impaurita.

giovedì 25 febbraio 2010

Mi è passato il sonno...

...e mi sono venuti in mente mille pensieri.

Ultimamente sono sulle montagne russe dell'umore: un momento gioisco dell'opportunità di aiutare davvero le persone con il mio lavoro, il momento successivo mi prende il panico su cosa ne sarà del mio futuro economico, e qui entra in gioco l'orgoglio di non farmi mai mantenere dando un contributo almeno della metà alla gestione familiare.

Penso a chi è insensibile e piuttosto stronzetto e piuttosto consapevole nel mettermi i bastoni tra le ruote per emergere, senza sapere che nessuno lo noterà mai, e penso che adesso non me ne starò zitta e buona in virtù del fatto che sono l'ultima arrivata e ho rispetto per chi ha esperienza, perchè l'ultima arrivata non coincide necessariamente con la cogliona che continua a farsi inculare dopo essersi resa conto che la stanno inculando.

Vado continuamente su e giù e non nel modo che sarebbe preferibile.
Sono stanca.

Farsi rispettare richiede per forza di passare per pignoli e stronzi?
Qui sono in una situazione in cui ho ragione al mille per cento, ma le consuetudini tollerate abbassano la mia percentuale al cinquanta. E i capi non intervengono, ma tollerano, giustificano.

Posso farmi rovinare tutte le giornate da una collega malata di manie di protagonismo che, ignorando bellamente ciò che l'azienda le richiede, si mangia il mio stipendio per poter dire al capo "sono stata brava, ho chiuso tanti contratti"?

martedì 16 febbraio 2010

Tifo per Pacey

Quanto segue mi consola. Pensavo di non avere più un cuore, o che fosse diventato insensibile.

Invece ho appena finito di rivedere la terza stagione di Dawson's Creek e mi sono sentita emozionata e commossa, con gli stessi occhi di quando avevo dieci anni di meno ed era una prima visione tv che aspettavo con ansia.

Dawson's Creek è solo una manifestazione dell'eterno dilemma: l'amore. Quello che a sedici anni non sai cos'è ma ti sembra di non poterne fare a meno, devi parlarne, devi eviscerarne ogni elemento e puoi viverlo senza complicazioni, anche se a te, a sedici anni, le complicazioni che incontri sembrano enormi.

La nascita dell'amore tra Joey e Pacey, nonostante le violenze psicologiche nemmeno troppo sottili di Dawson e le indecisioni fastidiosissime di Joey, è resa in un modo che trascende il trascorrere del tempo e potrebbe essere uguale anche oggi, dopo un decennio, con Internet, Facebook e Twitter. Alla fine trionfa, alla fine trionferà.

Ci vedo della poesia.

lunedì 15 febbraio 2010

Ci vorrebbe un amico? No, una diciottenne

Venditti cantava "ci vorrebbe un amico, per poterti dimenticare; ci vorrebbe un amico per dimenticare il male".
Di questi tempi, credo che la tendenza sia quella di cercare, più che un amico, una bella diciottenne - o giù di lì - e sentirsi nuovamente giovani e desiderati, sempre che sia il desiderio il motivo per cui una bella diciottenne si accoppia con un uomo molto più grande.
Preciso che non sto generalizzando ma mi limito a commentare quelle situazioni in cui l'uomo, finita una storia difficile, lo ritrovi dopo qualche mese con una squinzia più giovane. E, questa sì, è una tendenza puntualmente osservata.

venerdì 12 febbraio 2010

Cose preziose

Alcune cose preziose non andrebbero mai perse. Si dovrebbe ritrovarle, magari sforzandosi di riportare se stessi a uno sguardo obiettivo.

lunedì 8 febbraio 2010

Paura

Il mondo qui fuori, qui fuori dal mio bozzolo caldo e accogliente, dove nessuno sa che esisto se non lo voglio io, quel mondo, con tutte le schifezze che succedono, mi fa una paura fottuta.

domenica 7 febbraio 2010

"Non siamo padroni della nostra vita"

dice Benedetto XVI appollaiato sul davanzale della finestra, rivolto a una folla di fedeli che inneggiano alla vita.

Molto bene.

Non siamo padroni della nostra vita!? Ma che insegnamento è? Il catechismo ci insegna che dobbiamo metterla al servizio di Dio, all'incirca, se non ricordo male.
Ma il catechismo è comunque espressione di ciò che la Chiesa vuole che venga detto, dell'indottrinamento. É un'interpretazione e purtroppo pochissimi, tra quelli che credono e praticano, se ne rendono conto.

Pochissimi capiscono cosa significa che un testo è "aperto", semioticamente parlando; non si pongono il problema, non sanno che questa possibilità esiste, dunque quando sentono dire "è scritto nella Bibbia" non si fanno ulteriori domande.

Purtroppo è difficile infinocchiare con questa robetta retorica chi ha un'istruzione superiore e, oserei dire, chi ha studiato semiotica, la scienza del segno e della sua interpretazione.
Per la semiotica, tutto è testo, dunque tutto è intepretabile - è ciò che la psicologia dice in altre parole, cioè che ogni persona reagisce diversamente a situazioni-tipo perchè ogni persona percepisce diversamente tali situazioni.
Non esiste una ragione, non esiste un torto, non esiste un'intepretazione giusta più di altre, ma esistono le interpretazioni sbagliate, che Eco chiama "abusi". Ogni testo pone i confini di se stesso: all'interno di tali confini, sei libero di interpretare; se ne esci, stai violentando il testo, cercando di adattarlo a ciò che vuoi dire.

Ecco, che la Chiesa oggi si permetta di contrastare la medicina, incitando alla diffusione di malattie piuttosto che alla loro prevenzione, in nome di chissà quale riga della Bibbia, ecco: questo mi fa incazzare.
Rispetto chi crede in questo modo così profondo e totale, ma credo che non sia più possibile, nel 2010, sottomettersi a certi principi senza farsi e fare davvero del male.

Cosa credo? Credo di essere una persona buona, che cerca di non fare male a nessuno, che non vuole imporre i propri principi ma vive nella tolleranza, che prova sempre a superare i propri limiti. E credo anche che Dio mi ami, perchè sono una brava persona, e che non abbia smesso di farlo perchè ho fatto sesso, perchè mi sono protetta da gravidanze indesiderate, perchè credo nella libertà di ognuno di fare della propria vita ciò che vuole.

Se qualcuno crede che, invece, io viva nel peccato e che, per questo, Dio mi ami di meno, si faccia avanti.
Riprendiamo le nostre vite in mano!

giovedì 4 febbraio 2010

La gioventù nel 2010

Ecco in arrivo il tipico discorso bigotto e antico "ai miei tempi non era così". O forse no? Vediamo...
 
Prendo il 19 e scendo in piazza Bracci, vengo investita da una folla di studenti che non si vede l'orizzonte sopra le loro teste - e questo significa solo che io sono, come sono sempre stata, più bassa della media.
 
Le ragazze, con varietà d'abbigliamento che possono piacere o meno, cercano però di personalizzare con tocchi di colore e dettagli; sono i ragazzi che mi hanno letteralmente sconvolta!
 
Ho pensato «qualcosa, negli ultimi dieci anni, ha iniziato a girare al contrario».
 
Nel 2000 d.C., nel pieno dell'era paleo-qualcosa (così sembra, a riguardarsi indietro e a pensare che sono già passati dieci anni), i ragazzi erano una massa informe di jeans e magliette. Non così male.
Preferisco, in linea di principio, quanto succede adesso: ragazzi che curano i dettagli anche in modo un po' femminile.
 
Ma non posso sopportare:
  • frangiona alla "sgnoccola della casa del grande fratello" (ricordo che parliamo di maschietti) ingellata e immobile, con ciuffi ordinatamente spettinati sulla sommità della testolina; il tutto accompagnato da un ebete sguardo alla "Edward Cullen wannabe" che non ti riesce, perchè non sei Robert Pattinson!
  • pantaloni con il cavallo basso, ok; culi di fuori, per carità, no!
  • regolari sputi per terra, chissà cosa stavi masticando ma non lo voglio sapere;
  • bestemmie, perchè fa più figo che dire "cazzo-figa-porca-puttana-stronza", e se non sei il più volgare di tutti non sei il più figo di tutti. Se non sei profondamente razzista, poi, sei troppo un loser! Quando passa il marocchino devi borbottare tra te e te, o sussurrare all'orecchio dell'amico "che brut quel, ne**o di me**a".
Sembrano i tronisti, questi ragazzotti che mi hanno sommersa oggi... e non so se proprio li invidio: hanno una consapevolezza, riguardo all'apparenza che domina la nostra società, che io alla loro età non avevo per niente e vivevo, (pseudo)serena, delle mie passioni adolescenziali nelle mie maniche che nascondevano le mani.
 
p.s. A chi vede in tutto ciò un'invidia della giovane età, vorrei ricordare che a Los Angeles, non più tardi di tre mesi fa, mi hanno chiesto i documenti prima di servirmi una birra. ;-)
p.p.s. So che questo dei documenti è diventato uno dei miei monotemi, ma mi rende molto fiera, quindi va bene.

martedì 2 febbraio 2010

Parole sante!

Il blog di Michele Smargiassi, che ho scoperto oggi sul sito di Repubblica, mi dà uno spunto di riflessione sul mio lavoro. Scrive Smargiassi, a proposito dei controllori di Trenitalia:
 
Ma ho sempre fatto in modo di non prendermela con la persona del ferroviere, comprendendo benissimo che questa categoria di lavoratori si trova costretta fra l'incudine e il martello: rappresenta l'azienda (e non può farne a meno, portandone il nome cucito sul petto della giacca) ed è ormai l'unico a farlo frontalmente nei confronti di una clientela sempre più esasperata: gli uffici informazioni e reclami stanno chiudendo uno a uno ed è sempre più difficile parlare con esseri umani quando ci si rivolge a Trenitalia. Restano solo loro, che a volte (intuisco) vorrebbero dire cose diverse da quelle che sono tenuti a dire.
 
Smargiassi, (forse) senza saperlo, ha colto precisamente il sentimento di molti, moltissimi assicuratori come me.
Rappresentanti di una compagnia che, in quanto tale, è una vera e propria azienda con obiettivi economici in base ai quali stabilisce il prezzo dei propri prodotti/servizi; e interfaccia con i clienti, che percepiscono invece l'assicurazione come una tassa e il servizio assicurativo come un servizio pubblico - cosa che non è.
Lungi da me la difesa della compagnia, devo tuttavia ammettere anch'io che non andrei mai in un negozio privato ad accusare il commerciante di aver alzato i prezzi, nè lo insulterei per questo. Se vuoi il mio vestito, paghi il mio prezzo; altrimenti, è così facile entrare in un altro negozio!
Il mio mestiere, a volte, è irto di difficoltà.

lunedì 1 febbraio 2010

Mediocrità

Certi meccanismi del mondo del lavoro mi fanno sentire così mediocre... molte persone che conosco trovano lavoro, allora credo abbiano qualcosa di speciale! Io sto facendo la gavetta, ho quattro anni di lavoro alle spalle, eppure non ho esperienza sufficiente per risultare interessante nel mio settore. Cosa mi manca? Cosa ho studiato a fare?

Riderci su?

Siccome in quest'ultimo periodo della mia vita sto provando a prendermi meno sul serio, tentando ad esempio di partecipare a discorsi maschili su rutti e flatulenze, mi fa sorridere un articolo del Corriere.it di oggi, che titola "La Bruni offesa non va a Sanremo" e prosegue in sommario "Veto dell'Eliseo per un brano in gara che sbeffeggia Sarkozy".
La colpa è tutta di Simone Cristicchi, che nel brano "Meno male" recita "Ma meno male che c'è Carla Bruni. Siamo fatti così, Sarkonò, Sarkosi... se si parla di te il problema non c'è".
Che l'Eliseo sprechi tempo a porre veti di questo spessore non è affar mio ma dei francesi; che ci si offenda per una frase che non è offensiva nè calunniatoria ma ironica - come nel tipico stile cui Cristicchi ci ha abituati - mi pare espressione inequivocabile di un eccessivo prendersi sul serio... quanto sarebbe più classy una premiere dame che si presenta lo stesso a fare quello che deve, cioè cantare?

Be stupid

Segnalo un'analisi critica e interessante della campagna stampa di Diesel, sul blog della mia ex professoressa di Semiotica Giovanna Cosenza: cliccate qui.

domenica 31 gennaio 2010

Fenomenologia del reclamo

Quando devo andare in centro, da brava cittadina e persona piena di senso civico, uso l'autobus (non è vero, lo ammetto. Non si può entrare in centro in auto e comunque non sono una persona che ama impazzire alla ricerca di un parcheggio).
Quando uso l'autobus, metto le cuffie e lascio liberi i pensieri. I quali, in questo caso particolare, si sono forse accaniti contro di me riportandomi alla mente uno dei momenti per me più difficili del 2009: il taglio dei capelli.
Come chi ha un tesoro per le mani e non se ne rende conto, in quel dei primi di giugno decisi di tagliare la mia chioma folta e bellissima. Portai alla parrucchiera una fotografia del taglio desiderato, chè non mi fido delle mie descrizioni. Non vi racconto la fase di taglio, perchè sarebbe angosciante come un film horror.
Esco dal salone e piango, mi lego i capelli e li scombino. Sembravo mia nonna, non scherzo. Volevo un taglio sbarazzino alla Cameron Diaz in "Tutti pazzi per Mary", mentre mi ritrovo ad assomigliare a un'ottantenne.
Come sia riuscita a non uccidere cruentemente la parrucchiera, non lo so.
Sta di fatto che, ripendandoci, mi è venuto in mente di scrivere una bella lettera di reclamo, e lì mi sono accorta di un dettaglio che avevo notato in alcuni miei clienti.
Il reclamo porta sempre con sè un astio tale per cui ci si inventa storie e si ingigantiscono i fatti.
Avevo infatti in mente di scrivere che la parrucchiera mi aveva trattata in modo scortese (non del tutto vero, però era molto sgodevole, quando tentavo di attaccare discorso mugugnava e ho avuto la sensazione che mi abbia tagliato male i capelli per questo motivo), che aveva avuto la ferma e consapevole intenzione di danneggiarmi perchè non le stavo simpatica e che, sul lato destro della chioma, aveva addirittura sforbiciato a caso (questo lo penso tuttora).
Ripensandoci, a lei forse non fregava un accidente del taglio che io volevo e ha semplicemente fatto male il suo lavoro.

Memo

Devo ricordarmi che il mio prossimo post s'intitolerà "Fenomenologia del reclamo".
Sì, quella situazione in cui volete scrivere una lettera piena di proteste. Ecco: ho notato alcune cose divertenti.