sabato 12 gennaio 2008

il modello codifica-decodifica di Umbertone Eco

ieri mi si è aperto un mondo.
una delle primissime cose che si studiano a scienze della comunicazione, quantomeno a bologna, è il modello comunicativo di umberto eco, che si chiama appunto "codifica-decodifica" (ne trovate una spiegazione dettagliata qui). il modello dice, in poche parole, che quando io emetto un messaggio, ovvero dico una cosa, la costruisco secondo i miei codici (linguistici, enciclopedici, cioè relativi a come vedo e conosco il mondo), secondo le mie aspettative, valori, credenze, desideri e così via. il mio interlocutore, nel riceverlo, fa la stessa cosa: lo decodifica secondo i suoi codici, secondo le sue aspettative, credenze, conoscenze del mondo. per comunicare efficacemente, quindi, non basta parlare un italiano corretto ed articolare frasi grammaticalmente fatte bene. bisogna immedesimarsi nell'altro il più possibile, capire come lui interpreta le cose che gli vengono dette, in base a quali codici, e produrre i propri messaggi di conseguenza. altrimenti, non ci facciamo capire. altrimenti, solo una buona dose di fortuna renderà i nostri discorsi comprensibili.
se tu sei studente di architettura, parlerai di questo argomento in modo diverso con un tuo collega o con me, giusto? se studi medicina e vuoi spiegarmi alcune cose della tua materia, non potrai dare per scontato che io sappia cosa sono e come funzionano gli amminoacidi, gli enzimi, le proteine e quant'altro, altrimenti io mi perderò per strada metà del discorso.
è un requisito di una banalità stupefacente, eppure molti (tanti) (troppi) lo ignorano del tutto.
io non ricordo se ha sempre fatto parte del mio modo di ragionare e parlare o se vi è entrato dopo che l'ho studiato. però oggi l'ho fatto mio, è automatico, non ci penso più.
l'enorme verità di questa cosa mi si è parata davanti agli occhi ieri. e mi ha flashiata.

4 commenti:

  1. Sai credo che il discorso che hai fatto sia davvero importante. Ad esempio io l'altro giorno ho parlato con un ragazzo che è immerso nei valori fascisti. Io per fargli capire il mio discorso ho dovuto esprimere il mio pensiero, che era totalmente liberale ed antifascista, con la simbologia fascista. E non solo lui mi ha capito ma era anche d'accordo con me.
    Alla fine ho l'impressione che cio' che ci separa sono dei codici, e che alla fine basti immedesimarsi nell'altro per poter esprimere i nostri svariati discorsi facendoci capire e non fare la guerra.
    Credo che un buon diplomatico debba appunto saper fare questo. Immedesimarsi nell'altro senza pero' perdere il valore dei propri pensieri.
    Bacioni
    Willy

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  2. La comunicazione è alla base dell'esistenza di ogni individuo, benchè molti ne riconoscano la scienza solo in ciò che riguarda i media. Comunicare è interagire, esprimersi e capire anche sensibilmente l'altro. Non è solo una questione linguistica e tecnica, secondo me, ma proprio psicologica. Se io conosco l'altro dal punto di vista psicologico, posso conseguentemente comunicare con lui empaticamente.
    Ok mi sono contorta da sola, è colpa della critica letteraria moderna su Virgilio e il suo benedettissimo numen.
    In ogni caso so di esser riuscita a comunicarti ciò che volevo dire, appunto! ;-)
    Quando finisci di bilanciare batti un colpo che devo raccontarti 1 cosa che non posso narrare sul blog ...bacini
    Sbri

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  3. Emy io ti ho capita benissimo....

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  4. emy e willy, mi fa piacere che abbiate colto il senso del mio discorso... significa che sono stata chiara! ;-)
    x emy: quella che tu definisci un'attitudine psicologica non è altro che una manifestazione di questo schema, che non vuole far altro che spiegare i fenomeni che accadono nel mondo, non anticiparli, non definirli a priori... chissà se mi sono capita... :P

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